Niente Panico / No Panic
disegni matita su carta, 21×29 cm / drawings pencil on paper
cartone, carta da pacchi, acetato irridescente, nastro adesivo, spago, adesivi, timbri, sveglie meccaniche / cardboard, wrapping paper, iridescent acetate, tape, string, stickers, stamps, mechanical alarm clocks
dimensioni variabili, 300×300 cm
2009
Il limite non è il punto in cui una cosa finisce,
ma, come sapevano i Greci, ciò a partire da cui
una cosa inizia la sua essenza
Heidegger, 1952, p. 104.
Niente Panico. La paura, la paranoia, il sospetto sistematico diffusi dai media sembrano essere diventati ingredienti essenziali del vivere civile. La paura suscita la parvenza della coesione all’interno del disgregato corpo civile. Suscita l’impressione di partecipare a qualcosa di grande, a qualcosa di diverso dall’iper-protetta, monotona vita del cittadino. Quest’ossessione di poter essere distrutti da un momento all’altro è connessa all’idea di essere oggetto di desiderio e invidia, come individui e come civiltà. Ma la paura è una modalità di percezione potente e pericolosa, capace di dar corpo ai suoi mostri. L’unico antidoto alla paura è l’ironia, che smaschera i bau bau e i loro sponsor. Con Niente Panico Paolo Ferro mette alla berlina questa triste e ridicola sindrome, e sfotte il terrore dell’uomo nuovo. Ferro espone una catasta di pacchi avvolti in carta da spedizione, come uno stock di anonime merci, sonorizzata da un ticchettio endogeno. E quindi dentro dovrebbero esserci bombe. Come a dire la guerra camuffata dall’involucro del commercio. La guerra come affare. Con un bel packaging accattivante, e timbri fumettistici di panzer e sottomarini cicciotti. Bombe a grappolo sorridenti e funghetti atomici che non sfigurerebbero nel corteo di Hello Kitty o Doraemon. Paolo Ferro porta al limite il processo di occultamento del reale aspetto della guerra: la guerra ora è diventata intelligente, mirata, chirurgica, asettica e divertente come un video-gioco. Trasformandola in una nuova serie di giocattoli per bambini, Ferro sottolinea mediante un gioco di contrasti come la percezione della guerra sia stata sottratta alla sua reale dimensione di tragedia e catastrofe. E quanto questo gioco sia pericoloso. L’installazione Niente panico è una riflessione sul tempo, sull’aspettativa, e sulla connessione fra attesa, paura, e desiderio. Sul desiderio di sollievo e sui modi di controllare il desiderio. Sulla frantumazione del tempo in atomi rumorosi ed ansiogeni, nell’attesa e nel timore di qualcosa che non arriva. Qualcosa di orribile. È preferibile l’attesa o l’orrore? Nessuno dei due, perché c’è di meglio. Rispetto al disordine disgregato di Attacco, Fungo, Esplosioni, al caos totale che disintegra lo spazio e in cui gli esseri umani cessano di esistere, se non come scritta SupeKutoru (Spettro), scegliamo i Fiori, il Prato Giapponese, la rivisitazione del tema rinascimentale dello studio d’artista in Mappa-Casa-Giardino. E, nonostante il contesto, l’estetica non c’entra nulla. Il nostro è un giudizio etico.
di Luiza Samanda Turrini